
Cominciamo da qui: scrivere con l’AI non equivale a produrre di più e meglio.
O meglio, non solo.
Scrivere con l’AI significa imparare a restare presenti, anche quando la mano che redige non è più solo la nostra.
L’intelligenza artificiale oggi può replicare toni, formati e – lo so, può disturbare – persino tratti di personalità narrativa.
Lo fa in pochi secondi. Il risultato è spesso fluido, corretto, professionale.
L’output “funziona”. Ma funziona per chi? E a nome di chi?
La scrittura è un atto identitario
Distesa sul fondale della questione, riposa una realtà ineludibile: scrivere è un atto identitario.
È un gesto in cui l’autore porta tutto ciò che ha dentro: storia, carattere, visione, temperamento,passioni, inclinazioni naturali.
Scrivere vuol dire anche attraversare i propri punti ciechi: ciò che ancora non conosciamo di noi emerge nei testi.
E questo l’AI, allo stato attuale, non può farlo.
Può generare contenuto, ma non identità.
Può mimare la tua Voce, ma non conosce la tua intenzione narrativa, né il tuo perché.
L’intelligenza artificiale non ha vissuto le scelte difficili che hai dovuto fare e sostenere, non ha memoria emotiva, una finalità evolutiva, la tua visione del mondo e neppure gli scenari bellissimi e quelli pesanti cui sei andata/o incontro prendendone parte.
L’AI Non ha un posizionamento.
Lei ha zero dubbi, crisi e desideri così come non coltiva una visione prospettica o una memoria intenzionale.
Tu sì, invece.
L’essere umano e il linguaggio
L’umano abita il linguaggio con il corpo, la mente, l’etica.
Anche quando scrive.
Ed è proprio qui e per tutti quelle motivazioni che entra in gioco una parola spesso fraintesa: stile.
L’uso corrente di questa parola ha finito per rinchiuderla in una gabbia semantica che è ora di aprire.
Spesso pensiamo che lo stile abbia a che fare con la “piacevolezza”: una voce riconoscibile, un tono congruente e coerente, una grammatica impeccabile.
E, certamente lo stile è anche questo. Ma non è tutto qui.
Lo stile dichiara da dove parliamo, da quale punto della nostra esistenza stiamo comunicando ed è la risultante delle scelte che abbiamo compiuto all’interno del linguaggio.
Lo stile non è forma, ma posizionamento consapevole.
In ogni momento della nostra vita quotidiana scegliamo di cosa parlare, cosa dire, cosa tacere e tutte queste scelte le manifestiamo all’esterno.
Quindi, le scelte diventano stile. E, come tale, è identitario in quanto composto da elementi positivi, ma anche da omissioni importanti, scarti semantici e – ultimi, ma importantissimi – dei nostri ritmi interiori.
Lo stile non si simula: si coltiva
Lo stile non è né un’estetica da applicare.
È la conseguenza di un orientamento interno, una postura nel mondo.
Non lo compri, non lo improvvisi.
Lo coltivi. Lo difendi. Lo affini.
Finché diventa la prova della tua esistenza in vita.
Scrivere con stile significa dichiarare da quale parte sta.
E vuol, pure, dire riconoscere che anche il silenzio è una scelta comunicativa.
Quando scriviamo con l’AI, cosa rischiamo di perdere?
Quando lavoriamo con l’AI senza presidiare la qualità stilistica, cediamo una parte della nostra responsabilità semantica.
Passiamo da un testo intenzionale a un testo prodotto, privo di controllo critico,
Il contenuto “suona bene”, ma non trasforma.
E così, a poco a poco, rischiamo di perdere il nostro stile.
E con esso, il nostro posizionamento.
Deresponsabilizzazione digitale: il nuovo rischio
Quando l’AI diventa cessa di essere interlocutrice e diventa risposta, l’essere umano rischiamuna forma sottile e subdola di deresponsabilizzazione.
Ci fidiamo dell’output perché è grammaticalmente corretto, imita bene e ci fa risparmiare tempo.
Ma cosa succede se smettiamo di chiederci:
- “Questo testo mi rappresenta davvero?”
- “Sto ancora presidiando il senso?”
In un ecosistema informativo saturo, la mancanza di senso si traduce in contenuti che non incidono, non lasciano traccia e non costruiscono memoria.
E tutto ciò ha una conseguenza diretta.
Lo stile è un atto di responsabilità, anche con l’AI
Già, è così.
Anche se, talvolta, la facilità d’uso dello strumento ci induce a dimenticarcene, la responsabilità del nostro scrivere con l’AI è inevitabile.
E, in questo contesto, è lo stile a garantire che un testo parli dell’autrice/autore.
È lo stile che guida:
- la scelta del prompt
- la correzione del testo generato.
- la decisione su cosa pubblicare
- il tempo che dedichiamo alla rilettura
Lo stile è cura dell’invisibile.
È la scelta della parola meno brillante ma più autentica. Così come la rinuncia a una metafora efficace che, però, non ci rappresenta.
Scrivere con l’AI è un esercizio di discernimento
L’uso dell’AI non è neutro.
È un laboratorio linguistico e un terreno di prova per la nostra capacità di presidiare il senso
Scrivere con l’AI è un esercizio di discernimento che ci porta a domandarci
- quale parte di testo è nostra?
- in quale siamo davvero presenti?
- cosa garantisce la nostra presenza?
La nostra firma è nella tensione semantica che sappiamo mantenere e nel coltivare la nostra voce come spazio di senso.
Ogni parola che scriviamo è una dichiarazione di presenza o una rinuncia in favore della performance.
E tu?
Quando scrivi con l’AI, che tipo di presenza metti in campo?
Il tuo stile racconta davvero chi sei?
Se senti che la tua scrittura ha bisogno di ritrovare coerenza, direzione o autenticità, contattami: assieme troveremo il percorso verso i tuoi obiettivi.