Katia Bovani

I meccanismi cerebrali della lettura

scrittura argomentativa libri

Se ti trovi su questo articolo, probabilmente, conosci il genere di scrittura che va sotto il nome di “scrittura argomentativa”.

Qualora così non fosse…poco male: puoi consultare questa sezione del sito per, poi, riprendere l’articolo.

In entrambi i casi, sappi che c’è una risposta alla domanda che ti stai ponendo, ovvero “perché parlare della lettura in un blog di scrittura argomentativa?”

La ragione sta nel fatto per comprendere a fondo i meccanismi dello scrivere in modo argomentativo e dei suoi corollari, è necessario conoscere

  • i meccanismi cognitivi che il tuo lettore porrà in atto leggendo il tuo saggio
  • il contenuto emotivo di cui si riempie quella cognizione
  • le modalità con cui il lettore della tua tesi di dottorato procede a decodifica e concettualizza.

Leggere: etimologia di un verbo.

L’etimologia è una validissima alleata nella scoperta – o nell’approfondimento- del significato di una parola.

Solitamente, il verbo italiano leggere viene connesso, per derivazione, al verbo latino legere la cui primissima accezione è raccogliere, cogliere.

Senza dubbio questo approccio etimologico è condivisibile, ma non sembra del tutto completo senza un confronto con il verbo greco λέγω (lègo) che, con il latino legere, ha in comune la radice indoeuropea leg- la quale esprime l’idea di “raccogliere scegliendo”. Ed ecco che i primari significati del verbo greco λέγω sono scegliere, enumerare, contare.

A questo punto, è legittimo porsi un quesito: qual è il nesso che lega l’area semantica del verbo italiano leggere a quelle greco-latine di λέγω e legere ?

Ebbene, l’azione del leggere è composta da una serie di “ atti numerabili di raccolta e scelta” di segni grafici, parole, percezioni, intelligenza, memoria, verbalizzazione e reazioni.

Chi compie tali atti? Il nostro cervello.

È nell’organo principale del sistema nervoso centrale – una   massa organica di 1100-1300 cm³ – che tutto avviene.

I meccanismi cognitivi nella lettura

Le nuove tecniche di neuro imaging svelano come tutto avviene.

Vediamolo. Ma, nel vederlo, teniamo sempre presente che i passaggi neuronali interessati nella lettura avvengono in connessione tra di loro.

Mi spiego meglio: per comodità di trattazione, possiamo affermare che “prima” si attiva un’area e “poi” un’altra, ma nella realtà, le informazioni che le diverse aree cerebrali processano durante la lettura si svolgono in modo connesso tra di loro.

Affascinante, vero?

Il primissimo approccio con la lettura si verifica quando gli occhi incontrano i segni grafici e, su di essi, opera la loro “messa a fuoco”.

Quando ciò avviene, i neuroni sensitivi si mettono in movimento per trasportare l’input all’area occipitale posteriore sinistra dove si compie il riconoscimento del segno.

Allorchè questa zona cerebrale ha riconosciuto la morfologia del segno, l’informazione si diffonde rapidamente alle aree della corteccia cerebrale e, particolarmente, a quelle posizionate nell’emisfero sinistro e deputate al linguaggio.

Qui avviene il riconoscimento delle lettere in prima battuta e delle parole in seconda.

L’informazione visiva passa al cosiddetto giro angolare ( o area 39 di Brodman, Fig.1)

Giunta nel giro angolare, l’informazione visiva diventa informazione fonetica. Da qui, essa passa alla corteccia temporale e frontale e, particolarmente, nell’ area di Wernicke (Fig.1) dove le parole acquistano significato e vengono comprese.

Adesso, il nostro cervello è pronto per compiere un importante passo: analizzare il rapporto semantico e la relazione sintattica tra le parole.

Si tratta di una funzione basilare che è svolta nel lobo temporale anteriore ed anteriore sinistro (Fig.2)

Arancio Giro angolare
Giallo Giro sopramarginale
Celeste Area di Broca
Verde Area di Wernicke
Rosa Corteccia uditiva primaria

In questa regione avvengono le operazioni di “messa in ordine” delle parole, di elaborazione delle strutture sintattiche (soggetto, verbo, complemento), di attribuzioni di significato.

In esse, a giocare un ruolo primario è la memoria, ovvero il richiamo di informazioni di identico contenuto e frutto di nostre esperienze passate.

Il loro richiamo è funzionale ad essere confrontate con le informazioni attuali in corso di processazione.

In tutto questo, è fondamentale il ruolo dell’ippocampo (Vedi video in calce), vale a dire quella  specifica area interna al lobo frontale e facente parte del sistema limbico in cui sono conservati i ricordi delle nostre esperienze vissute nel passato.

Il contenuto emotivo

Prendi in mano il libro che ti trovi più vicino in questo preciso momento e aprilo a caso.

Leggi le prime righe sulle quali ti cade l’occhio.

Puoi veramente dire che la lettura si esaurisce nel momento in cui hai capito il senso delle parole ? Oppure senti che qualcosa, in te, si è mosso…? Mi riferisco a sensazioni di simpatia, malinconia, gioia, acceso interesse o. al contrario- indifferenza, etc.

In buona sostanza, ti sto domandando se, nel tuo interno, senti di aver soltanto compreso intellettivamente ciò che hai letto oppure se quest’ultimo ti ha provocato una reazione emotiva.

Azzardo la risposta: hai sentito che la lettura ha toccato le corde della tua sensibilità facendoti provare un’emozione.

Ecco, sappi che, questa, non è opera della “fata turchina dei lettori”, ma del tuo cervello,

Nel tuo sistema limbico si trovano sia l’ippocampo -di cui si è già detto- che l’ipotalamo.

Quest’ultima  è tra le più importanti regioni cerebrali ai fini non solo della memoria, ma anche dell’apprendimento e dell’elaborazione emozionale.

In essa sono conservati i circuiti neuronali all’origine delle funzioni più complesse sul piano filogenetico: le emozioni, l’autocoscienza, l’umore.

Sai perché sono complesse? Perché affondano nella parte più antica della massa cerebrale ovvero il telencefalo dove millenni fa si sono formate le funzioni principali per la conservazione della specie Homo Sapiens Sapiens .

Di generazione in generazione, quelle funzioni sono state tramandate sino a raggiungere noi esemplari contemporanei che, a nostra volta, provvediamo a tramandarle alle generazioni future.

È lì, nel tuo sistema limbico che l’elaborazione cognitiva si unisce a quella emotiva affinché quest’ultima ti consenta di alzare la soglia della tua attenzione la quale, a sua volta ti permetterà di  corroborare la tua motivazione all’apprendimento ed all’emozione stessa.

Solo quando il contenuto cognitivo si sarà associato ad una precisa emozione potrai consolidare e conservare le informazioni che hai appreso durante la lettura.

Ecco, tutto il processo che- con estrema sintesi e non esaustività- abbiamo ripercorso assieme ha bisogno di un tempo.

Certo, non ti sto svelando chissà quale segreto: è qualcosa che sapevi già perché – chissà quante volta primo d’ora- lo hai sperimentato.

Magari non ci avevi appuntato l’attenzione perché non conoscevi il meccanismo, ma a livello inconscio lo sapevi, eccome.

Tuttavia, saperlo non basta specie se ti dedichi alla scrittura.

Ti starai chiedendo perché non basta. Ottima domanda.

Lettura e decodifica

Come abbiamo visto, tutto parte dall’impulso visivo allorché l’occhio, nella quantità di oggetti percepibili, distingue la visione dei segni grafici: si tratta dell’operazione di “discriminazione visiva dei grafemi”.

Questi ultimi verranno sottoposti al vaglio da parte della memoria verbale, incaricata di attribuire dei fonemi a quei segni cosicché a precise sequenze di grafemi corrispondano altrettanto precise sequenze fonetiche.

Da qui inizia la capacità – umana – di distinguere le parole; a tale abilità fanno seguito le attività di attribuzione di senso e di correlazione semantica tra significanti e significati.

Si tratta, in buona sostanza, di un’opera di decodificazione dal segno al significato.
Tutto qui? No.

Una volta compreso il senso di ciò che ha letto, l’uomo mette in campo le sue capacità logiche, prima tra tutte, quella di “astrazione” che consiste nella facoltà di staccarsi dalla singola cosa che ha percepito (che ha letto, nel nostro caso) per ricostruire lo schema universale che è sintesi delle caratteristiche che compongono quella determinata cosa.

Deve, dunque, trasformare l’oggetto della sua percezione in concetto.

Se i tuoi occhi vedono una pesca, l’elaborazione cerebrale prima e logica poi dell’informazione “pesca” ti consentirà di raggiungere il “concetto del frutto pesca” nel quale sono riassunte le caratteristiche comuni alle pesche: forma, colori, sapore, etc.

Nella tua vita non avrai bisogno di dover vedere e toccare milioni di esemplari di pesche per capire che sei in relazione con quel frutto: per effetto della concettualizzazione fatta a suo tempo, ogni volta che sentirai nominare “pesca”, saprai a cosa ci si sta riferendo senza necessità di vederne o toccarne una .

Un altro passo da compiere.

La concettualizzazione è fine a se stessa? Il processo che inizia con la percezione di una cosa e prosegue con l’astrazione da quest’ultima, per giungere alla formazione del concetto relativo quella cosa, ha senso solo in se stesso?

Beh…sarebbe un’operazione logica un tantino sterile; alla domanda “a cosa serve”, la risposta sarebbe un perplesso “Mah…”

Prova a pensare ai singoli concetti di

  • “pesca”
  • “cogliere” che si ricava dalla percezione dell’attività di raccolta e
  • “mangiare” anch’esso indotto dalla percezione della relativa azione.

“Pesca”, “cogliere”, “mangiare”.

Se li consideri ad uno ad uno e soltanto in sé e per sé, puoi affermare di essere dinanzi a tre concetti distinti. In effetti, non ci sono altre valutazioni da svolgere.

Adesso ti chiedo di compiere un altro passo logico: metti in relazione tra loro i concetti di “pesca”, “cogliere”, “mangiare”.

Cosa ottieni?

Una relazione di senso capace di essere espressa nella forma che più desideri: “mangio la pesca che ho colto”, “colgo una pesca per mangiarla” “la pesca va colta per essere mangiata” (a me non viene in mente altro, ma magari a te sì…)

Ricordi qual era il punto di partenza del processo che abbiamo analizzato? I grafemi.

Adesso osserva il punto di arrivo: le relazioni di senso tra concetti.

Ebbene, partire dai grafemi per giungere ai concetti e terminare con le relazioni di senso tra concetti è un’operazione che richiede un tempo fisico.

Ed a questo tempo ne vanno aggiunti altri: quello neuronale dell’empatia con le tematiche del testo o con i personaggi, quello dell’immaginazione, della pre-dizione, dell’interpretazione dei “non detti”, delle inferenze.

Tutti “tempi” che fanno parte della lettura e di cui lo scrittore non può non tenere conto se vuole che il suo testo (a prescindere se di scrittura creativa od argomentativa) sia compreso.

E, possibilmente, ricordato.

Immagini tratte, rispettivamente, da Wikipedian e da Medicina on line  utilizzata in ragione delle dichiarazioni di qualità della foto e utilizzabilità della stessa

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katia

Mi chiamo Katia Bovani e sono un editor, ghostwriter e writing trainer, aiuto le tue parole a diventare i tuoi testi. Quello per la lettura e la scrittura è un amore nato prima dell’età scolare per emulazione, diventato potente nella gioventù quando si è arricchito degli aspetti etimologico-linguistici e ora, nella maturità, è irrinunciabile.

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