Sai perché i romanzi, le novelle, la scrittura narrativa in genere ci piacciono tanto?
Perché raccontano storie.
Ogni esemplare appartenente alla nostra specie adora le storie.
Sperimenta il contatto col mondo narrativo sin dai suoi primi vagiti tra le braccia della mamma che, come retaggio culturale che si tramanda di generazione in generazione, canta al suo piccolino il repertorio delle ninne nanna proprie del gruppo etnico-sociale di appartenenza.
Ma…cos’è una storia?
Molti settori scientifici dediti allo studio dell’uomo e del suo comportamento (antropologia, psicologia, pedagogica, biologia, etnologia e linguistica) hanno offerto le loro risposte a questa domanda.
Il punto di osservazione di questo articolo è quello della scrittura creativa e, in particolare, dell’editing, del ghostwriting e del writing trainer nella scrittura creativa.
Quindi, la risposta che ci interessa è quella data dalla psicologia a partire dagli studi di Jerome Bruner ( per un approfondimento sulla sua figura e i suoi lavori ti consiglio questa lettura).
Partito dall’analisi dei processi di apprendimento infantile sulla scorta degli studi del biologo e pedagogista Jean Piaget, lo psicologo Jerome Bruner approdò – nei primi anni ’80 – all’indagine sul nesso tra le condizioni di degrado sociale e meccanismi mentali nei bambini al fine di valutare l’impatto che l’habitat culturale ha sull’apprendimento infantile.
Si tratta di uno studio confluito nel libro “Children’s Talk: Learning to use Language” del 1983 in cui Bruner segnalava che la cultura in cui il bambino cresce condiziona fortemente il suo sviluppo mentale e cognitivo soprattutto per il tramite del linguaggio parlato che è lo strumento culturale per eccellenza.
Procedendo sul solco dell’incidenza dell’ambiente culturale, lo studioso teorizzò l’esistenza di due distinte tonalità di pensiero: la “paradigmatica” propria della scienza e la “narrativa” propria del racconto tramite il quale l’uomo è in grado di ripercorrere la propria storia.
Attraverso la narrazione l’essere umano riesce a ricostruire gli eventi della sua vita intrecciando, in un fitto gioco tessile, l’aspetto empirico a quello emozionale.
Narrare non significa solo un semplice elenco di fatti accaduti, ma anche un’analisi degli stati emotivi provati nel corso di quei fatti: dalla curiosità alla tristezza, dalla sorpresa alla paura, tutto contribuisce.
Coscienza, consapevolezza e sviluppo sono i fattori alla cui formazione contribuisce il “narrato” sul piano strettamente individuale.
Ma, come sappiamo noi contemporanei, ogni uomo è calato in un rete di relazioni con altri suoi simili: a essi si rapporta, con essi si confronta perché anche l’uomo è un “sistema complesso”.
La risultante di questa continua e incessante interazione tra elementi diversi di un unico habitat dà luogo a un sistema complesso nel quale il processo narrativo individuale esplica due funzioni precise:
- consente di conoscere, leggere e interpretare la realtà dei fatti accaduti sul piano individuale
- consolida l’esperienza sotto il profilo individuale e collettivo
- costruisce la trama e l’ordito di quelli che possiamo chiamare “modelli di esperienza” sul piano sociale.
E c’è dell’altro.
La narrazione agisce sul narratore, certo, ma anche sull’ascoltatore/lettore a seconda se si tratti di una narrazione orale o scritta.
Il procedimento narrativo composto del “raccontare e ascoltare” o “raccontare e leggere” investe entrambi i protagonisti dell’azione: li introduce all’interno del processo di comprensione del mondo e di se stessi con effetti diretti sulla loro formazione esperienziale e intellettuale.
Quando, di fronte a una sua piccola difficoltà vissuta con ansia, narri a tuo figlio di quella in volta in cui, alla sua stessa età hai vissuto la stessa difficoltà e l’hai risolta pensando e/o facendo “x,y,z cose” , in realtà
- ricostruisci a te stesso – oltreché a lui – il fatto
- rivisiti quel fatto dinanzi a te stesso con la tua mente adulta
- trasferisci una esperienza a tuo figlio
- connoti a tuo figlio quell’esperienza tramite i caratteri che, di lei ritieni rilevanti
- gli insegni quali siano gli elementi rilevanti di un’esperienza del genere
- condividi con tuo figlio le emozioni che a suo tempo hai vissuto
- consegni a lui gli strumenti di risoluzione del problema
- consolidi la rete della relazione genitoriale con tuo figlio e, allo stesso tempo, lo
- educhi alla comprensione sia dell’esistenza del rapporto genitoriale sia del modello di comportamento da tenere in veste di padre/madre
Adesso osserviamo la stessa questione da un punto di vista dell’evoluzione in senso antropologico ed etnologico.
Sotto il primo profilo, in una circostanza di quel tipo, tu – in quanto papà o mamma – sei l’esemplare della specie Homo Sapiens Sapiens appartenente alla generazione anziana che addestra l’esemplare appartenente alla generazione più giovane.
Ed è tramite il continuo attivarsi di questo meccanismo che la specie si perpetua.
Dal punto di vista etnologico, hai arricchito il tessuto culturale del popolo di tua appartenenza mediante
- il trasferimento di conoscenza e competenze alla generazione posteriore
- l’inserimento di un nuovo ( o la conferma di un consolidato) format comportamentale
E tutta la partita è giocata sul senso e il valore delle parole che costruiscono la narrazione.
Che dono potente e ammirabile, la parola!
Come si costruisce la storia
Ognuno di noi ne possiede una da narrare: quella con cui ha conosciuto, letto e interpretato la propria vita.
All’interno di questa narrazione ve ne sono mille altre: una per ogni singolo fatto accaduto, per ogni evento che abbiamo vissuto.
Basta così? No.
Perché dentro a ogni fatto accaduto e a ogni evento vissuto vi sono altrettante migliaia di narrazioni che riguardano le emozioni provate e i pensieri scaturiti prima, durante e dopo ciascuna di quelle circostanze.
Pensa a un episodio qualunque della tua vita.
A esempio: sarà capitato anche a te di trovarti in fila alla cassa in un negozio e qualcuno, furbescamente, ti ha superato.
Ecco, pensa a come hai narrato questo fatto a te stesso e ( se lo hai fatto) a qualcuno diverso da te.
Senz’altro hai
- raccontato l’accadimento in sè e per sì e, quindi, lo hai
- rappresentato formalmente a te stesso e/o a qualcun altro per poi
- narrare le sensazioni e le emozioni che hai provato
- interpretato il comportamento di colui che ti è passato avanti nella fila
- creato o consolidato e comunicato il tuo sistema valoriale
Se guardi più a fondo, la tua narrazione si è svolta secondo uno schema preciso:
- all’inizio, quando ti trovavi ordinatamente in fila, la situazione era ferma, statica, in equilibrio.
Possiamo chiamarla “Fase A, Inizio” - poi è arrivato l’elemento disturbante che ha rotto l’equilibrio di partenza in cui eri immerso. A tutta prima sei rimasto basito, poi hai cercato di evitare il confronto duro, ma non è stato possibile e lo hai fatto. Ti sei scontrato con la persona che voleva comportarsi da furbetta.Quest’ultima si ritrova smascherata da te: la sua pochezza si è appalesata, il suo disvalore personale e sociale (ricorda che sei in un supermercato) è conclamato. Possiamo chiamarla “Fase B, Conflitto”.
- durante l’alterco hai riaffermato te stesso, i tuoi valori, la tua posizione. Hai stabilito un nuovo equilibrio, più alto rispetto a quello iniziale perché è intriso di quei valori. E anche tu sei giunto a un livello di coscienza di te stesso superiore rispetto a prima.
Possiamo nominarla “Fase C, Ritorno”.
Ecco che si delinea l’accaduto: hai compiuto un percorso che, partendo dalla posizione “A” è giunti sino alla posizione “C”.
Tre fasi: “Inizio”, “Conflitto”, “Ritorno”. Oppure, “Primo Atto”, “Secondo atto”, “Terzo atto”.
Di tutte sei stato protagonista.
Adesso compara lo sviluppo di questa storia con la trama di Squid Game.
Certo, la serie termina con un finale aperto, ma…non ti sembra che la storia narri il viaggio del protagonista Gi-hun secondo lo schema Inizio-Conflitto- Ritorno?
Certamente sì.
- Il “Primo Atto” inizia quando Gi- hun si trova in una situazione che, sebbene non possa definirsi positiva (è una persona dedita al gioco d’azzardo, povera e che non ha una esatta collocazione nel mondo se non quella dello stabile precariato) è comunque in equilibrio.Quest’ultimo viene alterato quando il protagonista incontra il reclutatore. Sul momento, Gi-hun non si fa coinvolgere oltre un certo punto, ma il bisogno di denaro lo determina ad accettare l’offerta macabra dell’impomatato e suadente reclutatore.
E, in quel momento, l’equilibrio si rompe. - Il “Secondo Atto” si svolge sull’isola dove inizia e si consuma il Conflitto. Il protagonista, animato da comprensione, compassione e lealtà lotta strenuamente per sopravvivere ai suoi due grandi antagonisti: le prove (la cui difficoltà, pericolosità e insidiosità si rincorrono in un costante gioco al rialzo) e i giocatori portatori di valori opposti a quelli di Gi-hun e che, al pari di quest’ultimo, partecipano al Conflitto vivendolo e animandolo.In questa fase, il protagonista è una persona che, pur non smarrendo se stessa è chiamata a cambiare il proprio mindset per adattarsi alla nuova situazione e sopravvivere a essa. Gi-hun fa e dice cose che non ha mai fatto e detto, acuisce la sua capacità di problem solving, i suoi sensi e le percezioni, prova emozioni nuove, comprende fattori vitali per lui inediti. Il personaggio del protagonista evolve in preparazione dei momenti in cui il secondo atto raggiungea) il suo climax con la cena organizzata per Gi-hun, Sang-woo e Sae-byeok,b) l’acme con la lotta tra il protagonista e il suo vecchio amico ( ma ora avversario) Sang-woo e il suicidio di questic) la catarsi dapprima con la scoperta, da parte di Gi-hun che la mente del gioco perverso è proprio il vecchio “Giocatore 001”, Oh-Il-nam e poi con la vittoria del protagonista sul vecchio morente dell’ultima scommessa.
Il protagonista ha scoperto che c’è ancora qualcosa di buono nei suoi simili. E i tempi narrativi sono maturi per il Ritorno.
- Il Terzo Atto consiste proprio nel Ritorno. Il vincitore ha compiuto il suo viaggio e, al termine, è una persona molto diversa da quella che era all’inizio. Crede in modo più forte e autentico nell’amicizia, nella reciprocità, nel rispetto e nella compassione ed ha acquistato consapevolezza di se stesso, della propria vita, del mondo e dei propri obbiettivi.
Ebbene, tutte le narrazioni presentano questa struttura in tre atti.
Proprio tutte e sin dall’alba dei tempi vissuti dal nostro pianeta.
E non è una casualità: l’antropologia ci spiega come ciò sia possibile.
Ti attendo la prossima settimana per parlarne a fondo.
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