Writing trainer: chi è e cosa fa
Il writing trainer è esattamente ciò che la sua definizione significa: un allenatore nella scrittura.
Detto così può sembrare strano perché il luogo comune vede la scrittura come un’attività verso cui essere predisposti per nascita, un talento la cui espressione è (e dev’essere ) completamente libera.
Solitamente si pensa che basti dare libero corso alle nostre emozioni, avere una penna o un device in mano e…via! Ecco che le parole fluiscono dal cuore e si riversano sulla carta come piccoli e densi fiocchi di neve.
Anche no. Le cose non stanno proprio in questo modo.
Senza dubbio, una naturale propensione verso il mondo delle parole è imprescindibile.
Peraltro, anche la creatività ha un ruolo importante e non solo nella scrittura creativa, vale anche nella scrittura argomentativa.
Il fatto che un testo sia saggistico o manualistico non fa venire meno il tratto creativo della loro scrittura: lo si rintraccia nell’originalità dell’idea o del taglio o nella visione ( metodica o di merito, non importa) che l’autore vi trasfonde. E che è frutto della sua immaginazione, della rappresentazione mentale di un’idea.
Ebbene, è tutto vero.
Ma capacità empatiche, creatività, emozioni e inclinazione naturale non bastano.
La scrittura è, in larga parte, impiego di tecnica.
Quale tecnica?
Dipende dal settore in cui ci addentriamo.
Un romanzo o un racconto si basano sulle tecniche di scrittura creativa.
Un saggio, un articolo, uno speech, un manuale e, in parte anche la comunicazione volta all’affermazione di un brand, sono tutti testi la cui scrittura si fonda sulle tecniche di scrittura argomentativa e persuasiva.
Per un ballerino di danza classica che ambisca a esibirsi in pubblico non è sufficiente imparare che l’arabesque si esegue appoggiando il peso sulla gamba portante mentre l’altra è sospesa in aria indietro e le braccia sono allungate nella direzione opposta
Deve imparare a eseguire non solo i diversi tipi di posa, ma, prima di tutto, la tecnica di rotazione di dorso, spalle, collo e volto rispetto al bacino nonché la tecnica di mantenimento del corpo in equilibrio durante l’extrarotazione delle gambe.
E, a meno di essere un fenomeno naturale, nessuno impara da solo.
Impara da una persona non solo competente, ma anche formata nella danza classica e la cui attività consiste proprio nel trasferire ad altri la conoscenza degli strumenti tecnici necessari a eseguire un arabesque.
Non è tutto qui.
Se l’allievo è intenzionato a dedicarsi a questa disciplina, l’insegnante lo segue nel processo di apprendimento della tecnica, sottopone le cognizioni apprese a esercizio, prepara un percorso di allenamento e verifica se ciò che ha insegnato è stato correttamente imparato.
E se così non è, focalizza gli errori dell’atleta, glieli mostra, lo aiuta nella correzione dello sbaglio, ripete e gli fa ripetere la posa e, se necessario, traccia un percorso alternativo finché l’allievo non arriva a eseguire correttamente i movimenti e ne consolida la conoscenza.
In altre parole, l’arabesque si impara grazie a un training, vale a dire un addestramento che nella danza classica è predisposto dalla maestra ( o dal maestro) in relazione al singolo ballerino o alla classe.
Il writer training è un processo di allenamento nell’ ambito della scrittura omologo a quello nella danza.
Quello che segue è il mio modo di fare training.
Si tratta di un percorso personalizzato o per piccoli gruppi nell’ambito del quale, come trainer,
- innanzitutto ascolto profondamente ciò di cui il trainee parla in merito alle proprie esigenze di scrittura e agli obiettivi che intende raggiungere con un training. Si tratta di un tipo di ascolto le cui peculiarità puoi approfondire leggendo la pagina “metodo” del mio sito
- valuto lo stato attuale della scrittura del trainee: capacità di strutturazione del testo, di organizzazione argomentativa, tenuta del testo, eventuali cadute, ritmo, stile, stato, abilità sintattico-grammaticali e di punteggiatura, ampiezza del vocabolario usato, ricorrenze semantiche, uso delle figure retoriche e livello di incidenza dei bias cognitivi.
- studio e redigo un percorso di insegnamento delle tecniche di scrittura creativa o di scrittura argomentativa a seconda del testo che il trainee intende scrivere (ricorda che la grande divisione è tra scrittura creativa che comprende romanzi e racconti nonché parte di storytelling e scrittura argomentativa che, invece, racchiude saggi, articoli, testi accademici, manuali, speech, e parte dello storytelling)
- tramite esercizi formulati ad hoc, verifico se il trainee abbia appreso (o meno) tutti o parte degli strumenti della scrittura affrontata.
Ulteriori approfondimenti puoi trovarli alla pagina writing trainer di questo sito
Come vedi è proprio un percorso “tailor made”, ovvero tagliato come un abito sartoriale, su misura: le tue.
Differenza tra writing trainer e writer coach
E ora affrontiamo un argomento sul quale, immagino, ti starai interrogando: perché mi definisco “writing trainer” e non “writer coach”?
Sostanzialmente, per tre ragioni.
- La prima può apparire di ordine formale, ma quello relativo al coaching è un settore in cui la forma entra a far parte della sostanza.La legislazione italiana pone una netta differenziazione tra professionisti intellettuali organizzati in Ordini e Collegi ( avvocati, medici, ingegneri, architetti, geometri, etc,) e professionisti intellettuali esercenti in materie non organizzate.
I primi possono esercitare la loro professione soltanto dopo aver superato un esame statale che li abilita all’esercizio di quella professione. Se l’esame viene superato, lo Stato attribuisce alla persona abilitata il titolo corrispondente alla professione e, in virtù di ciò, l’abilitato medesimo chiede di essere iscritto all’Ordine o al Collegio in cui la sua professione è strutturata.Per quanto mi concerne, se segui questo link ti troverai sul mio profilo curriculare che ho inserito nel profilo LinkedIn.
Lì potrai verificare che, a suo tempo, ho superato – presso la Corte d’Appello di Firenze – l’esame di abilitazione all’esercizio dell’attività forense. L’aver conseguito il titolo di “avvocato” mi ha permesso di iscrivermi, dapprima, all’Albo degli Avvocati presso l’Ordine degli Avvocati di Grosseto e poi presso l’Ordine degli Avvocati di Catania.In altre parole, ho potuto esercitare perché mi sono iscritta a un Ordine.
E tutto ciò a tutela del pubblico utilizzatore dei servizi legali dal momento che, prima di rivolgersi a una persona per farsi difendere da lei, ogni potenziale cliente può verificare se quella persona è iscritta all’Albo e, quindi, se è abilitata.
Ebbene, il coach é un professionista intellettuale non organizzato in Ordini e Collegi. Chi vuol intraprendere questa professione non è costretto a seguire un corso di studi specifico.
MA, c’è un enorme “MA”.
La sua figura è presa in considerazione dalla famosa Legge 4/2013 che contiene, appunto, “Disposizioni in materia di professioni non organizzate”.
Al fine di proteggere la concorrenza tra professionisti non organizzati, ma, soprattutto per tutelare i clienti in modo da garantire loro che il servizio di coaching sia svolto da un professionista dotato delle necessarie competenze, la legge richiede al professionista qualcosa di specifico: acquisire una formazione adeguata e verificata dall’associazione stessa e certificata da Accredia in conformità della norma tecnica UNI 11601:2015.
Dunque, in presenza di forme giuridiche di tutela del cliente-utilizzatore, una persona che voglia esercitare il coaching non potrà far a meno di- seguire il corso formativo e professionalizzante in materia
– iscriversi all’associazione e
– certificarsi.Va da sé che in assenza di questo percorso, si può avere tutta l’esperienza di formatori che si vuole, ma il mercato che è in continua ricerca di garanzia di qualità, tenderà a marginalizzare i professionisti non formati, non iscritti e non certificati.Personalmente, mai mi sono professionalizzata come coach e, quindi, non posso definirmi tale: ritengo di poter spendere soltanto i titoli per in quali sono stata certificata o mi sono professionalizzata in conformità della legge vigente in Italia.
- La seconda ragione è di ordine prettamente sostanziale.La funzione di un coaching è quella di guidare un coachee lungo un percorso di definizione dei propri obiettivi, focalizzazione delle proprie energie e risorse per raggiungere quegli obiettivi ( oppure trovarne di nuovi in se stessi), compimento del percorso per giungere a un cambiamento trasformati rispetto all’inizio.
E tutto nel confronto col coach.Questo, riassunto in estrema sintesi, è il seno del coaching.
Tuttavia, visitando la pagina web dell’ACOI in cui l’associazione descrive il coaching è possibile comprendere la vera portata di questa attività.Com’è evidente, il coaching incide sull’aspetto esistenziale di chi decida di percorrere quel sentiero – altrettanto esistenziale- che lo condurrà al cambiamento personale.
Al contrario, l’attività che consiste prima nell’insegnare gli strumenti tecnici della scrittura e, poi, nel verificare l’avvenuto apprendimento di quelle tecniche…è attività oggetto di training, ma non ha alcun tratto in comune col coaching.
Perché?
Per un solo e semplice motivo: perché, in questo caso, la scrittura non si inserisce in un procedimento di cambiamento esistenziale connesso a una originaria esigenza (altrettanto esistenziale).
Io non sono un coach e, quindi, il mio target non è composto da persone che vogliono enucleare i problemi vitali e si affidano a me perché io li guidi nel percorso di trasformazione personale mediante la scrittura.
Come trainer, il mio ruolo è quello di trasferire la conoscenza di strumenti tecnici e a verificare che il mio cliente li abbia appresi.
Se, poi, quest’ultimo ha problemi nella sua vita e me ne fa partecipe amichevolmente davanti a un caffè, posso ascoltarlo, ma poi lo incoraggio a rivolgersi a un professionista dotato delle competenze tecniche per aiutarlo.
- La terza ragione è ancora di carattere sostanziale.Come abbiamo visto, il coach non è un trainer. Fa ben altro. E allora chi è il writing coach?
La risposta deve muovere da un’ovvietà: un writing coach è, prima di tutto, un coach.Certamente, è preferibile sia un coach certificato, ma, in ogni caso è un professionista a cui ci si può rivolgere per accedere proprio a quel tragitto di trasformazione e cambiamento personali.Inoltre, il writing coach si distingue per il suo metodo: il percorso esistenziale viene affrontato con l’utilizzo della scrittura sotto la guida del coach.
Che avvenga a monte, durante o valle dell’iter, poco conta e dipende molto dalla metodica che il coach ha sviluppato.Ma, in questo caso, la scrittura è parte integrante del percorso e il suo scopo è quello di accompagnare il coachee sino al cambiamento.
Oppure, il coach può intervenire nei casi in cui, pur abituato a scrivere, a un certo punto della propria vita il coachee incontri difficoltà dinanzi alla scrittura.
L’esempio classico è quello del blocco creativo.
In entrambi i casi, la scrittura non entra come oggetto di apprendimento.
Il coach non insegna al coachee le tecniche della scrittura.
Non lo addestra alla scrittura creativa o a quella argomentativa.
Affatto.Qui la scrittura contribuisce alla bontà del coaching al termine del quale il cliente deve scoprirsi una persona interiormente trasformata.
In quei percorsi non c’è e non deve esserci un filo di training.
Ecco perché ho scelto di essere un writing trainer che, dal canto suo, deve possedere
- una importante conoscenza della lingua, delle sue strutture e dei suoi costrutti
- una solida competenza sia nei campi della linguistica, oratoria, retorica e semantica.
Questo è il percorso di apprendimento in cui voglio posso e vorrei guidarti.
Se desideri apprendere o potenziare le tecniche di scrittura creativa o argomentativa, contattami: sarò felice di essere il tuo trainer!